“Bisogna creare luoghi dove fermare la nostra fretta e aspettare l’anima” così recita la frase di Tonino Guerra, il celebre poeta della Val Marecchia, conosciuto in tutto il mondo. In Romagna, terra di sapori e motori, la fretta si ferma a tavola.

La tavola è considerata un “Altare” della casa dove tutta la famiglia si riunisce davanti ad un calice di vino ed una cucina povera ma mai disattesa. Nei ristoranti riminesi, si respira la stessa aria delle cucine di casa, forse per questo sono spesso gestiti da famiglie intere, come la Trattoria La Marianna, la più vecchia trattoria di pesce alla quarta gestione in oltre 110 anni di attività, oppure l’osteria “Io e Simone” con l’annessa enoteca “Io e Giacomo” dove “io” è Massimo il padre, Simone e Giacomo i figli, oppure il ristorante premiato dalla guida Michelin con 1 stella “Abocar” nato dalla storia d’amore di due cuochi, Camilla riminese doc figlia e nipote di conosciutissimi ristoratori e Mariano, argentino ma con sangue italiano nelle vene.

Nulla di standardizzato, nulla di industrializzato, ma tanto artigianato interpretato in maniera impeccabile. Insomma esperienze diverse che valgono un viaggio…così recita la guida Slow Food. Ma quale ristorante scegliere? Beh tutti e tre! Personalmente ritengo che ogni viaggio sia una scoperta, sia dal punto di vista turistico che enogastronomico, e la Romagna può fare la differenza, come l’ha fatta la Marianna, questa signora del borgo San Giuliano una volta abitato da pescatori, che con gli stessi pesci regalati dai vicini, preparava tanti piatti succulenti, dalla pasta fatta a mano con le vongole “poveracce” alla “rostida” di pesce sulla brace proprio come avviene oggi. Dal 1908 questa casa a pochi passi dal bimillenario ponte di Tiberio ospita la più vecchia trattoria di mare della tradizione riminese. Qui la pasta è rigorosamente fresca e si fa a mano tirata dalle “zdore” ovvero le donne romagnole e si preparano i piatti con il pesce che arriva dalle barche della flotta di Rimini.